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lunedì 9 luglio 2018

10/7/2018CAMMINATA DEL MARTEDI'


 Camminata dal ponte sull'Adige di Porto San Pancrazio al Lazzaretto
Ritrovo al parcheggio vicino al ponte alle ore 20,45, partenza alle ore 21
La camminata viene organizzata, per fare un percorso in compagnia e per godere del fresco serale, su un itinerario non consiglabile di sera da soli.
E' consigliato di indossare scarpe e abbiglamento comodo, di portare una bottiglietta d'acqua, e una torcia
Chi organizza, non si assume nessuna responsabilità,per eventuali inconvenienti che si possono verificare durante il percorso
In caso di condizioni meteo incerte consultare il blog la sera del martedì dopo le ore 20  



Lazzaretto 1549
Lazzaretto 1549

IL LAZZARETTO DI VERONA (1549 D.C.) 
 
 
   STORIOGRAFIA 
Il primo Lazzaretto in Europa fu istituito dalla Serenissima Repubblica di Venezia nel 1423 quando stabilì che il ricovero, eretto accanto alla chiesa di Santa Maria di Nazareth dai padri Eremitani e utilizzato, fino a quel momento, per alloggiare i pellegrini in transito per andare e tornare dalla Terra Santa, fosse destinato per porre in isolamento persone infette da malattie contagiose e per tenere in quarantena, a scopo profilattico, mercanzie sospette. Ai ricoverati veniva fornito vitto, medicinali e assistenza. Dopo Venezia altre città adottarono questo sistema di segregazione e cura dei malati contagiosi: Milano prima fra tutte e poi Verona. Il termine “Lazzaretto” deriva da “Nazaretum”(Santa Maria di Nazareth) denominazione data al primo ricovero d’isolamento veneziano.
Milano si dotò di un lazzaretto iniziandone la costruzione nel 1488. La realizzazione dell’edificio con stanze in muratura rappresentò una innovazione considerato che fino a quel momento, durante le numerose epidemie di peste del XIV e XV secolo, gli ammalati venivano isolati e ricoverati in capanne di legno che per la loro precarietà non potevano essere sufficientemente e adeguatamente attrezzate.
Verona, dopo Venezia e Milano, ritenne di dover provvedere all’isolamento dei portatori di malattie contagiose, che periodicamente infierivano su Verona, riunendoli in un luogo lontano dalla città. L’esperienza di precedenti epidemie sconsigliò di isolare gli ammalati all’interno dell’abitato o di dislocarli nelle sue immediate adiacenze, dove, quando imperversava il morbo, venivano ricoverati perfino nei cosiddetti casotti, costruzioni in legno allestite in fretta e furia per fronteggiare le impellenti necessità del momento (contrade di S. Zeno e Campo Marzo).  
L’occasione di istituire una apposita costruzione per isolare le persone infette da malattie contagiose si presentò nel 1539, quando l’amministrazione comunale si trovò ad avere a disposizione dei fondi provenienti dagli introiti dell’ospedale di Tomba che da tempo provvedeva alla prevenzione ed alla cura delle malattie contagiose. Venne incaricato il priore per la realizzazione del progetto, avvalendosi dell’assistenza degli ordinari consiglieri e di tre cittadini, impegnandolo all’assunzione delle relative spese di costruzione. La commissione incaricata del progetto avrebbe dovuto riferire entro pochi mesi ma certamente più di una ragione ne ritardò l’esecuzione se solamente nel 1547, otto anni dopo, il Consiglio approvò il progetto e la località - S. Pancrazio - dove sarebbe sorta l’opera (fig. 1 e 2). La zona di S. Pancrazio, per la sua posizione, fu ritenuta idonea ad ospitare il lazzaretto; infatti, il suo territorio isolato e stretto in una grande ansa dell’Adige rispondeva pienamente alle esigenze sanitarie dell’epoca sia per la sua posizione fuori delle mura sia per la sua lontananza dalla città; tale distanza avrebbe ridotto il rischio di contagio che, come allora si credeva, poteva essere propagato anche dall’aria. Inoltre nella località prescelta, trovandosi a sud di Verona nelle immediate adiacenze della sponda destra del fiume, si potevano scaricare acque reflue attinte e usate per il funzionamento della nuova costruzione; ciò non avrebbe comportato pericolo alcuno per i cittadini avendo la corrente del fiume, in quel punto, già superato la città. Per di più il concentramento in un unico complesso avrebbe permesso una adeguata dotazione di mezzi per la cura degli ammalati e una maggior sorveglianza avrebbe ridotto il rischio di fughe dei segregati da quel luogo di dolore. Venezia non poté che approvare il progetto e nel gennaio del 1549 iniziarono i lavori. La costruzione del lazzaretto andò molto a rilento tanto che fu completata solamente nel 1628, ottanta anni dopo il suo inizio. Nel 1630, nei primi giorni dell’estate, due anni dopo la provvidenziale realizzazione dell’opera, scoppiò a Verona la grande epidemia introdotta da un soldato con un gran fagotto di vesti comprate o rubate ai soldati alemanni” di nome Francesco Cevolini che prese alloggio in località S. Salvar Corte Regia (vicino al Ponte Nuovo) presso Lucrezia Isolani. Dopo qualche giorno egli morì e seguirono la stessa sorte coloro che lo assistettero e curarono. In poco tempo il morbo, non riconosciuto e circoscritto, si diffuse rapidamente anche nei dintorni della città al punto che Venezia, seriamente preoccupata, mandò a Verona con pieni poteri il cavaliere Aloise Valleresso che una volta accertato trattarsi di peste, emanò, per arginare il diffondersi del morbo, una serie di severissime ordinanze. Chi si opponeva era sotto pena di corda, bando, prigion, galera, confiscatione de’ beni, et anco della vita...”. La peste però, continuò a dilagare e la mortalità salì a un livello impressionante; coloro che manifestarono i primi sintomi della malattia furono caricati su barche e trasportati immediatamente al Lazzaretto che in poco tempo si riempì a tal punto da accogliere fino a 5.000 sfortunati ospiti. Le case funestate dalla peste vennero segnate con una croce e sbarrate dall’esterno; i sequestrati nelle case furono sostentati con quanto ricevevano calando con una corda la cesta dalla finestra.
La nuova costruzione per l’isolamento, seppur imponente, non riuscì a contenere altri appestati tanto che qua e là, specialmente in provincia, si rimediò costruendo improvvisati lazzaretti. Purtroppo il numero dei ricoverati e dei morti stanno a dimostrare che la medicina del tempo e le misure sanitarie adottate, seppure appropriate, non furono in grado di fermare l’epidemia. Anche le altre città colpite dalle peste non ottennero risultati migliori.
Si ha notizia che a causa della peste morirono a Verona 33.000 persone su una popolazione di circa 54.000 abitanti. Un medico veronese Francesco Pona nel suo Gran contagio di Verona” pubblicato nel 1631 descrisse con dovizia di particolare tutte le fasi della pestilenza e con raccapriccio si legge che sulle acque dell’Adige galleggiavano i morti; mancando “luoghi, modi e ministri per interrare i cadaveri ” fu deciso di gettarli nel fiume e abbandonarli alla corrente. La paternità del Lazzaretto viene attribuita quasi unanimemente dagli storici al Sammicheli anche se alcuni indicano il nome di Giangiacomo Sanguinetto, revisore dei conti all’ospedale di S. Giacomo alla Tomba, che nel giugno del 1548 presentò un suo modello dell’opera; secondo Francesco Pellegrini questo progetto non sarebbe altro che una riduzione, o meglio una mutilazione del primitivo disegno Sanmicheliano”. Il Sancassani pur attribuendo il progetto al Sanguinetto, forte del fatto che in tutti i documenti relativi all’opera non compare mai il nome del Sanmicheli, ipotizzò però che questi avesse effettivamente eseguito, senza però esserne stato ufficialmente incaricato, un disegno, che non conosciamo, del lazzaretto, che però non fu mai preso in considerazione, forse per l’onere della sua realizzazione”. Il Vasari attribuì al genio Sanmicheliano il progetto e a dire il vero il maestoso edificio mostra inconfondibile l’impronta della sua scuola. Visto dall’esterno, infatti, “ha un po’ l’aspetto di una fortezza per le sue merlature e per le torri d’angolo che si sopraelevano, col fabbricato centrale, sul resto che è ad un solo piano e ben si riconosce con le costruzioni militari delle quali l’architetto Sanmicheli era un insigne ideatore. Anche il tempietto centrale la cui costruzione è stata deliberata nel 1602, dopo la morte del Sammicheli, porta inconfondibile l’impronta della sua scuola. Una particolarità progettuale del Lazzaretto è stata l’attenzione all’ acustica ambientale che permetteva, durante le celebrazioni eucaristiche dal tempio centrale, di udire distintamente la voce del sacerdote anche dalle celle poste agli angoli più lontani. Tutt’oggi questa caratteristica è ancora presente. La pianta del lazzaretto è di forma rettangolare orientata da est a ovest i cui lati misurano m 238,68 x117,11.

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